Amo ergo sum

Amo ergo sum

“Dobbiamo recuperare il pensiero femminile”, intervista di SCW a Byoblu

Tutto è sogno, proiezione, immaginazione. Chi è l’autore di tutto questo? L’anima. SCW a 1984: piano di fuga. Si parla di anima, mente, femminile e della necessità di recuperare il mondo lunare.

L’anima la vedo come l’atto stesso dell’immaginare. Tutto quello che noi viviamo è immaginazione. Il Buddhismo ci insegna che tutto ciò che viviamo è solo come se fosse vero. In verità è un sogno, una proiezione, un’immaginazione. 

L’anima è l’atto stesso dell’immaginare. 

L’anima è una dimensione ctonia, sotterranea e quindi immagina per emozioni non razionalmente. Il suo immaginare è estetico e non etico. Quindi l’anima a volte crea immagini, cioè eventi, che producono emozioni che noi chiamiamo tristezza o rabbia, perchè è proprio grazie a queste emozioni che l’anima riesce o può riuscire se noi la comprendiamo, a portarci al di là di quelli che sono i vincoli della nostra mente. Sono vincoli etici, moralistici, che sono stati creati all’unico scopo di renderci governabili, misurabili, prevedibili. L’anima tende a rompere questi vincoli per portarci in uno spazio più naturale, più vasto, in cui il nostro potenziale possa esprimersi. Questo lo fa proprio attraverso le emozioni, immaginando situazioni che generano emozioni. 

Io dico sempre che noi vivendo mettiamo sulla scena della vita un mito e ciascuno di noi si riscatta, si libera, quando vede questo mito. Il mito crea uno spessore drammatico, nel senso antico del termine, cioè emotivo, è pathos. L’anima è la regista di questo mito. 

Lei parla di affidarsi, in qualche modo, alla successione degli eventi. Abbiamo finito di raccontare pochi istanti fa una serie di crisi, di problemi anche abbastanza oppressive a livello politico e sociale. Lei utilizza spesso questo termine: anche di fronte alle avversità ci si deve affidare. Quale è la differenza fra quello che lei dice e arrendersi? La sensazione è che a volte non resta altro da fare che rassegnarsi. 

Affidarsi vuol dire avere fede nell’evento in quanto ente, entità, spirito, immagine dell’anima. Vuol dire instaurare con quell’evento un rapporto di tipo estetico e non etico, che va al di là del giudizio di bene o male, dell’analisi. Un rapporto puramente emotivo. Per esempio, uno dei miei grandi maestri, James Hillman, il grande psicanalista, vedeva in questa emergenza ecologica, di fronte alla quale ci troviamo, uno strumento che utilizza la natura per “fare anima”. Attraverso questa emergenza, la natura ci chiama ad emozioni come la dolce tristezza, la fragilità, la nostalgia, a volte anche la rabbia. Tutte quelle emozioni che appartengono alla grande sfera dell’eterno femmineo, quel femminile che abbiamo calpestato, rimosso, perchè è lunarità e non piace alla mente razionale, non piace al potere, perchè è ingovernabile. Il femminile è anche caos e la natura ci sta richiamando all’anima e quindi di fronte a questo noi più che sempre entrare nell’analisi, nel giusto, nello sbagliato o compiere lotte attraverso la mente, che sono tutte lotte patricentrice, finalizzate al potere, che sostituiscono il potere con un altro, non portano mai a una vera soluzione. 

Dovremmo riuscire a entrare nel grande universo dell’anima e dare una risposta estetica, poetica, femminile. Per fare questo dobbiamo cambiare metodo di pensiero, perchè non possiamo pensare di aiutare la natura utilizzando quello stesso strumento, cioè la mente patricentrica. Abbiamo bisogno di un nuvoo metodo di pensiero, che è antico in realtà. Dobbiamo recuperare il pensiero femminile, poetico. A me piace definirlo la mente poetica. 

Voglio provocarla: sono molto d’accordo con l’idea di non affrontare i problemi con la mentalità che li ha accusati. Tuttavia, la nostra società dei consumi insistono molto sul femminile da qualche tempo. Articoli, si sentono trasmissioni televisive che parlano della violenza maschile, come se esistesse solo quella. In realtà il discorso sul recupero del femminile, mi sembra che abbia prodotto peggio, una caricatura femminile. Una specie di grande madre cattiva. Abbiamo Stati che entrano nella nostra intimità e ci controllano e ci correggono persino le parole, come farebbe una matrigna. Penso che quest’insistenza sul femminile si traduca alla fine di qualcosa di negativo. 

Si tratta di un femminismo politico, di maniera, come l’ecologismo, che non risolve i problemi economici. Non si può pensare che si va verso il femminile semplicemente perchè le donne vanno a votare, finalmente. Tanto per fare riferimento a un film che oggi va di moda. Non è perchè le donne vanno verso il diritto di voto che recuperiamo il femminile. Le lezioni, le votazioni, sono un fenomeno del tutto patriarchico. Sono uno strumento del patriarcato. Il femminile non è questo, è notte, lunarità e anche caos. Non è l’ordinamento istituito delle istituzioni, è quel caos da cui, come diceva Nietzsche, può nascere la stella danzante. Se veramente vogliamo recuperare il femminile, quello che dobbiamo fare è recuperare quella dimensione oscura, ctonia, sotterranea che chiamiamo anima. Il nostro potere di immaginare, che ci è stato tolto da questo potere patricentrico. Tutto quello che possiamo immaginare, lo possiamo fare. Ecco perchè siamo stati bloccati. L’immaginazione nasce dal caos, dall’oscurità, dalla notte, dai poteri lunari, femminili. Dobbiamo, se veramente vogliamo rimettere il femminile al centro, resuscitare l’unica grande morte, sepolta della nostra grande cultura. La morte stessa. Viviamo in una cultura che mette via la morte come se fosse un peccato e invece è un fenomeno naturale. Non dobbiamo morire come succede in una società patriarchica, che è nella mente. Dobbiamo essere capaci, prima di fare il grande salto, di vivere anche nell’anima consapevolmente. Solo così potremo fare un transito consapevole. Così di vita in vita, di morte in morte, rimarremo vigile. Recuperare il femminile è tornare a essere sferico, come ci dice Platone. Era così potente che minacciava gli dei. Per questo Zeus lo ha tagliato a metà. In questa cultura siamo stati sempre più privi dei poteri femminili, notturni. Dobbiamo recuperarli. 

Parla spesso della dolce tristezza, relativamente a chi ha a che fare con la depressione, uno dei mali più diffusi della nostra epoca. Forse dipende proprio dalla rimozione della morte, della sofferenza. Noi cerchiamo sempre, come società occidentale, di non fare i conti anche con la parte più faticosa. Quando qualcuno non funziona più, si inceppa, allora viene abbandonato. 

Questi problemi nascono da una terapia desacralizzata, cioè patriarchica, che filtra l’anima attraverso le categorie diagnostiche. Siamo narrazione. Se ci narriamo attraverso le categorie diagnostiche, è ovvio che vediamo tutti i tratti più potenti dell’anima come malattie. La dolce tristezza, strumento potentissimo dell’anima e per fare anima, per consentirci di sciogliere i vincoli della mente, questo strumento meraviglioso, filtrato attraverso le categorie diagnostiche, diventa depressione. La terapia desacralizzata ha immaginato tante di quelle malattie, patologie, all’unisco scopo di continuare a renderci normali. In questo modno, vuol dire governabilil misurabili e prevedibili. Non dobbiamo puntare a normalizzarci. Dobbiamo essere vivi, essere liberi. La libertà è il nostro obiettivo, non la normalità. Dobbiamo avere la forza di rivedere tutto ciò che questa cultura chiama “male”, “malattia”, “disagio”, “problema”. Vederlo come risorsa, come un messaggio dell’anima e possibilità di un’espressione più vasta, un potere più vasto. Come possibilità di raggiungere la libertà. 

Lungo questo percorso per raggiungere la libertà, lei parla spesso del superamento di quelle che chiama “false credenze”, che oggi sono molto diffuse. Senza entrare nel tema delle fake news, come si fa secondo lei a distinguere una falsa credenza da una vera? Che cos’è che dà la misura della verità di una condizione o pensiero.

Non esiste una credenza vera. Non esiste il vero o il falso. Al di là delle credenze, c’è lo stato della non-mente, la conoscenza dell’attimo presente. Quello stato in cui siamo assolutamente e totalmente liberi e vincenti. Quello a cui ci portano tutte le discipline e i cammini esoterici, mistici, spirituali. Ce n’è stato uno che ha descritto lo stato della non-mente in modo semplice. Il cammino dell’arte della guerra di Sun Tzu. Nel suo libro dice “Il guerriero deve combattere nello stato della non-mente, lo stato della conoscenza dell’attimo presente”. Quella condizione in cui non pensi prima quello che devi fare. Sai la mossa che compi nell’attimo stesso in cui la compi. Se il samurai pensa prima quello che deve fare, è morto. Il samurai deve essere capace di combattere nello stato della non-mente. Vuol dire che non ho credenze di nessun tipo. Non credo che il mio avversario sia debole di sinistro. Non credo nemmeno che esista un lato sinistro. Semplicemente mi offro all’evento e permetto di accadere. Allora mi rendo conto che la vita è sempre un trionfo. Una vittoria, Ananda, gioia e libertà. Mi rendo conto che quello che mi impediva di essere libero e vincente era semplicemente la mia stessa mente. Chi è il nemico? Il nemico è sempre la nostra stessa mente. Ecco perchè bisogna riuscire a sciogliere tutte le nostre credenze. Vivere nell’attimo presente con fede. Se hai fede, non hai bisogno di ragionare prima sull’evento. Semplicemente lo fai accadere. Questo viene studiato dalla psicologia dello stato di flusso, ne parlo nel mio libro Ikigai, si chiama psicologia dell’esperienza ottimale. Un uomo riesce a vivere in questo stato nell’attimo in cui è libero dalle credenze, ovvero essere in uno stato di coscienza ampliata. La credenza è una gabbia che si costruisce attorno a te e ti limita. Come diceva Jung, gli organi sono dei. In questo stato di coscienza ampliata, si apre la visione interiore e vedi il tuo corpo dall’interno. Non vedi gli organi, come ti insegna l’Anatomia, ma vedi luci. Allora ti rendi conto che persino il modello oganismico di corpo è una credenza. Persino il genere è una credenza. Anzi il genere è la credenza su cui poi si fonda tutta la civiltà del bene e del male, del giusto e dello sbagliato. Per governare un popolo hai bisogno di etica, che non esiste in natura, che è estetica. La separazione degli opposti si fonda sul genere, che mettiamo noi nella natura attraverso il nostro sguardo e sensi. I nostri sensi sono operazioni mentali e la mente inserisce il genere nella natura. Lo fa limitandoci nel senso dell’Io, che poi è un limite dello spazio/tempo. Se puoi uscire da questa limitazione di spazio/tempo, recuperi tutti gli aspetti di te. Ti può capitare di ricordare, se sei donna, quando eri maschio. Ma ti rendi conto che questo essere stato avviene qui e ora. Il tempo lineare è una costruzione mentale. Se elimini la mente elimini il tempo. Tutti gli stati del tuo essere avvengono nella simultaneità. La vera realtà è il vuoto, che non è il niente, ma vacuità, il desiderio di darsi, offrirsi, amore. 

Qui per rivedere l’intervista di Selene su Byoblu, a partire dal minuto 1:36:00 circa.

Morgan K Barraco

Morgan K Barraco