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Il Bardo Todhol, la grande liberazione attraverso l’udire

Data diretta: 26 Luglio 2022
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Riguardo all’attività dello sciamano psicopompo esiste, nel contesto dello Yoga Sciamanico, un testo importante e autorevole,  si tratta del Bardo Thodol, II Libro Tibetano dei Morti, il cui insegnamento, adeguatamente trasmesso da un maestro, non solo serve al viaggio del morente, ma è anche una impareggiabile guida per la vita.

Il  testo è anche chiamato il libro della Grande Liberazione attraverso l’Udire, poichè è sufficiente aver udito gli insegnamenti anche una sola volta nella vita, anche senza averli pienamente compresi,  per essene guidati verso la liberazione al momento della morte.

Il testo è attribuito al  maestro buddhista Padmasambhava, chiamato in Tibet Guru Rinpoche (Maestro Prezioso). Si narra che prima di morire Padmasambhava nascose i testi del Bardo seppellendoli sui monti Gampo, nel Tibet centrale, dove furono ritrovati nel XIV secolo.

Affrontare il cambiamento senza paura

La parola tibetana “bardo” significa “transito, o stato intermedio”. Per transito si intende un cambiamento da uno stato dell’essere ad un altro, per esempio, il passaggio dalla veglia al sonno o dal sonno alla veglia, da uno stato di tristezza ad uno di felicità, dalla malattia alla salute, dalla vita alla morte e dalla morte alla successiva rinascita.

Nella vita sperimentiamo molti momenti di “transito”, veri e propri riti di passaggio, ad esempio quando

  • una situazione “vecchia” volge al termine e quella “nuova” è ancora sconosciuta;
  • un grande amore finisce;
  • perdiamo una persona cara;
  • lasciamo un lavoro senza averne uno nuovo;
  • ci sembra di non avere più visione, quando non vediamo al di là e tutto appare senza via di uscita.

Il Bardo Thodol è per eccellenza il testo che insegna l’arte di vivere impeccabilmente liberi dalla paura. Si tratta di uno strumento prezioso  in tutte le fasi di grande cambiamento.

L’arte del morire è l’arte del vivere

Sulla scia dell’insegnamento del Bardo, lo sciamano psicopompo può condurre oltre la Grande Soglia non solo i morenti, ma, mediante l’estasi meditativa, anche coloro che intendono ampliare il loro stato di coscienza e guarire dai blocchi nevrotici che nascono dalla compressione alla quale la corazza dell’io ci sottopone. Viaggiare nella morte è uno strumento per favorire la guarigione e la crescita personale.

Il Bardo ci insegna che nel processo della morte la conoscenza e la salvezza del piano spirituale ci si presentano sotto forma di luci abbaglianti, mentre il mondo e il piano mentale ci si presentano sotto forma di luci più rassicuranti, non abbaglianti.

La prima grande prova che il morente deve superare per ottenere la liberazione è il riconoscimento della luce spirituale come vera natura di tutte le cose e dunque anche di se stesso.

Allora il morente ricorda gli insegnamenti che servono a determinare il riconoscimento e che in vita gli furono impartiti dal proprio maestro; inoltre riconosce identica alla luce la propria intelligenza scevra di qualsivoglia pensiero concreto. In terzo luogo, acquistando tale conoscenza da se stesso si congiunge per mai più separarsene con l’infinita potenzialità spirituale. Allora la salvezza è certa.

II morente deve, dunque, avere il coraggio di seguire la luce abbagliante. Se, per paura, si rivolge alle rassicuranti luci della mente e del mondo, fallisce la prima prova del transito.
Fallita la prima prova, il morente procede nel transito; la sua coscienza, allora, prende a dispiegarsi e il piano esistenziale che è in lui gli si presenta dinanzi sotto forma di visioni le quali, in base al karma che egli ha accumulato, potranno essere terrifiche o benefiche.

Per raggiungere la salvezza, afferma il Bardo, il morente deve riconoscere tutte le immagini che gli si presentano come prodotti del suo stesso pensiero. Sostanzialmente il Bardo ci insegna che tutto ciò che ci è accaduto in vita è stato prodotto dalla nostra mente, è stato il frutto della nostra immaginazione creativa. Dunque noi siamo responsabili per tutto ciò a cui abbiamo assistito.

In effetti esiste un piano dell’essere in cui tra me, te, lui, gli altri e il resto della natura non esiste alcuna separazione, esiste un piano profondo in cui tutto è uno. La vera natura dell’essere, inconoscibile dalla mente, è universale. Mentre noi passiamo la vita a considerare il mondo come esterno a noi, a puntare il dito verso ciò che presupponiamo accadere al di fuori di noi, verso persone che agiscono e che riteniamo diverse da noi, la morte, secondo il Bardo, ci insegna che tutto ciò a cui abbiamo assistito in vita non era che una proiezione della nostra mente e che, dunque, noi siamo i veri creatori di tutto ciò che la vita ci ha permesso di vedere e conoscere.

La salvezza nella morte consiste nell’assumersi la responsabilità per ciò che si è, nel riconoscere dinanzi alle immagini benefiche, così come dinanzi a quelle terrifiche, se stessi: nell’ammettere che il mondo che abbiamo vissuto era dentro e non fuori di noi.

Ciò che devi fare per raggiungere la salvezza nella morte è, secondo il Bardo, riconoscere la tua anima, non intimorirti dinanzi all’abbagliante luce della Conoscenza, ma affermare dinanzi a quella, così come dinanzi alle visioni benefiche o terrifiche che nascono dal dispiegarsi della tua coscienza, ecco ciò che io sono.

Come accennato all’inizio di questo articolo è fondamentale la guida di un maestro.  Nel libro James Hillman, il cammino del “fare anima” e dell’ecologia profonda trovi una bellissima meditazione guidata ispirata al Bardo Thodol.

Possa l’augurio della grande maestra tantrica ” Ma Gcig Lab Sgron”, colmare il tuo cuore:

Si stia come lo spazio,

senza dubbi e paure nell’immensita!

 

Immagine di SCW

SCW