Ho pensato in questo nuovo ciclo di dirette di parlare di ansia perché sto notando che l’ansia è diventato un problema comune mentre non dovrebbe essere un problema. L’ansia in natura è una forma di autodifesa e anche qualcosa che aiuta la specie a sopravvivere a riprodursi persino a evolvere e allora mi sono chiesta Ma come mai gli esseri umani vivono l’ansia in un modo così negativo e addirittura vogliono guarire dall’ansia.
Durante il mio ritorno in Svizzera, ho avuto la fortuna di viaggiare con il cane di mia figlia: Oliver. Un cane molto speciale, visto che è un Service Dog: cani di servizio preposti alla cura e all’aiuto dell’essere umano. In particolare, Oliver è istruito per gestire persone affette da forme di ansia gravi. Questo mi ha fatto seriamente a riflettere sull’ansia e su come sia diventato un problema sociale, quando invece dovrebbe essere una risorsa dell’individuo. Perché è qualcosa che in natura ci spinge ci sprona.
In fondo, l’ansia è una condizione di eccitamento. Si avvicina alla condizione sciamanica: come sapete, la parola sciamano a volte viene tradotta come colui che sa. Più propriamente dovrebbe essere tradotta come colui che è in uno stato di eccitazione. Secondo la psicologia moderna, l’ansia è diventata uno stato patologico, tanto che oggi anche il panico viene classificato come eccitazione repressa.
L’ansia è un evento positivo
Questo stato di eccitazione, però, in natura e per le persone molto vicine allo stato naturale come gli sciamani, è un evento positivo.
Allora guardiamo l’ansia un po’ più da vicino. Io stessa, che da ormai 30 anni lavoro con le persone, non posso non vedere come l’ansia sia qualcosa che ereditiamo. Ricordo che quando studiavo all’università di Edimburgo abbiamo visto come l’ansia cambi persino il patrimonio genetico: l’ansia viene ereditata dai nostri antenati, lavora sui nostri geni, li modifica. Per cui il figlio o la figlia di un genitore ansioso ha molte probabilità di avere un atteggiamento ansioso. Che questo sia un problema è tutto da vedere: diventa un problema per una questione sociale. Dobbiamo trovare, quindi, la chiave per superarlo come problema e ritrovare l’ansia come una risorsa. Ora se è genetico, se è ereditario, vuol dire che l’ansia è un po’ come una caratteristica che noi abbiamo, come il colore dei nostri occhi, la forma del nostro naso, l’altezza. Qualcosa che ci caratterizza. Già questo dovrebbe farci pensare che ritenerlo un problema è un evento sociale; la società ci spinge a giudicare alcuni tratti della nostra natura come negativi e altri come positivi.
In natura ogni cane, ogni animale, ha la sua indole E così anche per noi: ci sono persone che hanno un indole più ansiogena e altre che ne hanno meno.
L’ansia fra karma e proiezione dell’anima
Se traduciamo in termini spirituali e Buddhisti il fatto che l’ansia sia una caratteristica ereditaria, questa ansia è un evento karmico. Infatti tutto ciò che in un linguaggio occidentale moderno viene definito come fattore ereditario, in un linguaggio spirituale Buddhista è un evento karmico perché da una prospettiva buddista e spirituale noi abitiamo le nostre immagini: tutto è impressione, è maya, citta Maya, impressione della coscienza. Non esiste nulla di oggettivo, di concreto, di sostanziale.
Tutto è una nostra proiezione, un’immaginazione dell’anima. L’Anima del mondo è il soggetto dell’immaginario ma noi siamo l’Anima del mondo al di là dell’Io, dell’individualità (che è una costruzione mentale). Possiamo affermare, allora, che tutto è una nostra immagine e che noi abitiamo le nostre immagini. Hillman diceva che anche i genitori sono nostre immagini: noi immaginiamo, ancora prima di venire al mondo, la madre e il padre che hanno quelle caratteristiche che sono più utili per noi al fine di affrontare le paure e gli attaccamenti che ci portiamo di vita in vita e di morte in morte e che dobbiamo superare, sciogliere, per poter arrivare alla Liberazione finale.
I nostri genitori sono nostre immagini o proiezioni dell’anima. L’anima Immagina su basi karmiche cioè le immagini dell’anima vengono modellate, plasmate dai venti del nostro karma, cioè dal ricordo degli attaccamenti e delle paure che dobbiamo sciogliere per arrivare alla libertà.
Dire che qualcosa che ci caratterizza è ereditario significa dire che è nel nostro karma e significa dire che di quella cosa abbiamo assolutamente necessità per poter sciogliere delle paure, degli attaccamenti, e arrivare alla libertà.
Ecco che l’ansia essendo un fattore ereditario è un fattore karmico.
Chi è la persona ansiosa
La persona ansiosa è una persona che generalmente non si concentra a fondo sulle cose. Fa fatica a concentrarsi, l’ansia ti porta a essere molto veloce, molto sbrigativo, poco contemplativo e quindi ti previene dall’andare in profondità nel contemplare a fondo le cose. Questo di per sé non è né negativo né positivo.
Ci sono momenti nella vita in cui non andare a fondo può essere positivo perché ci permette di fare surf sugli eventi. Non è un caso se ci siamo inventati questo sport proprio in quest’epoca storica in cui l’ansia è dilagante. A volte ci sono momenti nella vita in cui “surfare sulle onde”, in superficie, anziché andare in profondità, è esattamente quello che si deve fare. Allora per ragioni karmiche alcuni di noi hanno una vita o un periodo della loro vita in cui devono surfare sulle onde. Devono vivere così in superficie, stando in equilibrio, piuttosto che andare in profondità. Se andassero in profondità annegherebbero: quindi è giusto così e non è necessariamente un tratto da correggere.
In effetti ho notato una cosa: qualcuno potrebbe in apparenza pensare che una persona ansiosa, che continuamente “surfa” sulle onde, faccia molta fatica a meditare e a mettersi in postura, nell’asana, e a chiudere gli occhi, a stare immobile.
Invece non è così: anche se una persona è molto ansiosa e si muove velocemente durante le vicende quotidiane, può riuscire perfettamente a mettersi in postura e rimanere immobile. Già questo fatto fa pensare che l’ansia non sia una malattia da curare. Noi viviamo in un’epoca in cui il modello terapeutico è propagandato a oltranza e finisce per essere visto come l’unico modo per affrontare disagi, disturbi, problemi.
Su questa strada si finisce per filtrare l’anima e tutte le sue immagini attraverso le categorie diagnostiche. Per cui tanti tratti dell’anima vengono considerati malattie ma sono semplicemente immagini che l’anima utilizza per sfidare l’ego e proseguire lungo il sentiero che conduce alla libertà.
L’ansia è una di queste immagini. Viene vista come malattia ma è uno strumento dell’anima, è una funzione dell’anima. Il problema è che, a furia di vederla come una malattia, per molte persone finisce per diventare tale: pensa a un ragazzino che fin da quando ha 12 -14 anni viene additato come ansioso. Questo ragazzino crescerà con la sensazione di avere qualcosa che non va, che il suo modo d’essere e di surfare sulle onde, di non riuscire a concentrarsi più di tanto, sia un problema. Mentre non lo è. È semplicemente il suo modo di essere.
Concentrazione e consapevolezza
La capacità di concentrazione non è attenzione o consapevolezza. Sono due cose diverse e per fare l’avventura spirituale, per meditare, ci vogliono attenzione e consapevolezza. Le quali non sono necessariamente concentrazione.
La concentrazione ti serve a scuola, per imparare la matematica, per studiare. La consapevolezza e l’attenzione sono un’altra cosa: il surfer, colui che surfa sulle onde, è attento e consapevole. “So che sto surfando, sono attento, so che, so che”, ma non è necessariamente concentrato.
Essere concentrato vuol dire essere nella conoscenza mentale, essere presente in quel complesso di conoscenze e di esperienze che la mente possiede. Significa aver presente tutte le nozioni che la mente ha appreso, significa essere presente alla conoscenza mentale.
Essere consapevole significa invece essere presente alle immagini dell’anima; sono due cose molto differenti. Se io sono consapevole che alle mie spalle ci sono degli alberi e li sto vedendo riflessi nella videocamera, sono consapevole della bellezza di questi alberi, sono consapevole della gioia che avere questi alberi intorno a me procura, sono consapevole delle mie emozioni e della bellezza. Sono attenta a questo. Essere concentrato invece è sapere che cos’è un albero, è essere presente alla nozione mentale di albero (che è ciò che la mente conosce rispetto all’albero). C’è una grande differenza.
Essere consapevole, essere attento non comporta la presenza delle nozioni mentali: posso essere consapevole della presenza degli alberi e godere della loro bellezza, anche se non so assolutamente cosa sia un albero da un punto di vista concettuale e mentale; anche se non ho nessuna nozione dell’albero, io posso godere della sua bellezza. Il bambino molto piccolo che non ha nessuna nozione di natura può tuttavia essere consapevole della natura e godere della sua bellezza e della sua presenza.
La persona ansiosa non riesce a concentrarsi ma non vuol dire che non possa essere consapevole e attenta. Per quanto riguarda il cammino spirituale, ciò che è richiesto nella meditazione e nella conoscenza di sé è consapevolezza e attenzione. La concentrazione è richiesta a scuola.
Certo, essere ansioso in questa società finisce per diventare una patologia, una malattia, perché non è funzionale alle abilità che vengono richieste dal sistema, dalla società, dall’apprendimento scolastico e così via e tutto ciò che non è funzionale alle abilità sociali è considerato malattia. E se tu convinci un ragazzino che è ansioso, e che la sua ansia non va bene, che è una malattia, qualcosa che deve risolvere e curare, ne farai un adulto malato e debilitato, un adulto con un sacco di problemi. Poi per forza che deve andare in terapia o addirittura prendere psicofarmaci: l’hai convinto che è malato! Ha la convinzione che il suo modo d’essere sia una malattia!
La famiglia è alla base
Qui deve intervenire la famiglia. La famiglia, i genitori, devono essere più forti del sistema e, innanzitutto, devono loro per primi fare un cammino spirituale attraverso il quale comprendono che l’ansia non è una malattia e non è un problema, che non riuscire a concentrarsi non è un problema se si riesce a essere consapevoli e attenti. Chiaramente svilupperanno abilità diverse. Chiaramente non si diventerà omologati come tutti gli altri. Probabilmente si avranno difficoltà a imparare le scienze e la matematica. Però non tutti dobbiamo diventare tecno-scienziati: è vero che in questa epoca se uno ha una conoscenza tecnico-scientifica, o meglio pseudo-scientifica, trova più facilmente lavoro in seno alla società; è vero anche che la scuola è diventata un grande sistema per creare forza lavoro e per rendere gli individui sempre più funzionali alle aziende e alle imprese. Infatti nelle scuole si studiano sempre più matematica e informatica e sempre meno le discipline umanistiche perché queste ultime non servono all’azienda e all’impresa.
La famiglia dovrebbe avere la forza di contrapporsi a tutto questo e di sostenere il figlio, anche se ha difficoltà di concentrazione perché è ansioso. La famiglia dovrebbe riuscire a far sì che il figlio consideri la propria ansia un evento positivo e non una malattia. Per riuscire a far questo con i nostri figli dobbiamo riuscire a farlo con noi stessi prima di tutto.
Allora vi propongo nelle prossime dirette del lunedì e del martedì un percorso da fare insieme per riuscire a fare della nostra ansia uno strumento dell’anima positivo, una risorsa per la nostra vita.
Sarà un percorso di grande ribellione perché per riuscire a fare dell’ansia una risorsa anziché una malattia dobbiamo ribaltare tutti i valori che ci hanno inculcato; dobbiamo davvero percorrere un cammino controcorrente per noi stessi e per i nostri figli. Poi, dopo, se si riesce con un tratto della nostra natura, come per esempio l’ansia, si riesce con tutti gli altri perché abbiamo un meccanismo cognitivo di apprendimento, che si chiama generalizzazione: quando apprendiamo a fare una cosa poi la generalizziamo a tante altre e a tanti altri aspetti della vita e della nostra persona. Intanto, questa mattina, la cosa più importante è che iniziamo un nuovo percorso di dirette dedicato a trasformare quelli che la società, il sistema, la nostra stessa mente considerano disagi e disturbi, in risorse per l’anima e per il percorso spirituale. Incominciamo dall’ansia e sono sicura che se riusciamo a trasformare la nostra ansia in una risorsa poi ci riusciamo con tante altre caratteristiche della nostra natura che sono ingiustamente state catalogate come difetti da correggere o addirittura malattie. E invece sono strumenti dell’anima.