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QUANDO LA BELLEZZA INCONTRA L’IMPERMANENZA ATTRAVERSO I SAKURA IN FIORE

di Silvia TurrinLa fioritura dei ciliegi

La parola sakura in giapponese significa “ciliegio”. Hanami vuol dire “andare a vedere i fiori”. La consuetudine di migliaia di giapponesi di recarsi in un parco, in un giardino, in un luogo dove fioriscono i ciliegi è molto antica. Da oltre dieci secoli viene mantenuto in vita il rituale volto a contemplare la bellezza degli alberi in fiore. Nell’arco di varie settimane, i giapponesi vivono al ritmo delle fioriture. Tutto l’arcipelago giapponese ne è coinvolto, da nord a sud. Nel 2021 le prime fioriture si ammirano nell’area che va da Kumamoto, passando per Osaka, Kyoto, Nagoya, Tokyo, sino a Sendai. Man mano che ci si addentra nella stagione primaverile, anche altre zone vedranno nel mese di aprile splendide fioriture dei sakura. È una tradizione talmente sentita che in tutto il paese si susseguono festival. Un’occasione per le famiglie di riunirsi, anche con amici, ai piedi degli alberi in fiore.

Il simbolismo dell’hanami

Questa celebrazione dei ciliegi in fiore indica come i giapponesi abbiamo mantenuto quello stretto legame con la natura derivante dalla filosofia dello shintoismo. Ma c’è di più. I fiori di ciliegio rappresentano il principio dell’impermanenza, infatti incominciano a cadere dopo pochi giorni che sono sbocciati. Si tratta dunque di un fenomeno naturale effimero.

“I sakura simboleggiano l’ideale di mono no aware, espressione giapponese che indica proprio la bellezza dell’impermanenza.

È un concetto importante nell’estetica giapponese ed è uno degli elementi dello Shinrin Yoku, ovvero dei “bagni di foresta”.

Il pathos delle cose che svaniscono

I fiori di ciliegio sono la metafora della fugacità della vita. Ma è proprio questa fugacità che li rende ancor più belli e preziosi. I sakura alimentano il pathos, il nostro coinvolgimento verso la loro effimera esistenza.

“È per questo che in Giappone uno dei principi dell’estetica è mono no aware, cioè il pathos delle cose che svaniscono”, precisa Selene. “La natura di tutte le cose è l’impermanenza. Se le cose in natura non svanissero non avrebbero il pathos che hanno: è proprio la capacità di svanire che dà loro pathos, emozione”.

Per capire e apprendere questo principio ci si può immergere in un bagno di foresta, camminando per esempio in un bosco.

Selene suggerisce la seguente pratica di presenza mentale:

“Quando cammini nel bosco guarda con attenzione e osserva meglio alcuni particolari. Ripercorrendo il medesimo sentiero, tornando indietro, osserva gli stessi particolari che hai notato all’andata e cogli le differenze rispetto all’andata. Ti appariranno sotto una luce nuova. Non solo camminare nel bosco ha alimentato in te una maggiore consapevolezza, ma anche la variazione della luce ti ha permesso di cogliere particolari che prima, all’andata, non avevi notato. Cambiando la luce, mutano le cose. Le immagini non sono mai le stesse. Da qui l’impermanenza. Ecco che attraverso la natura si comprende il principio di mono no aware”.

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Morgan K Barraco