Amo ergo sum

Amo ergo sum

Shinrin-Yoku. The Forest Bathing

 370,00

Video corso registrato del più importante seminario sullo Shinrin-Yoku in Europa.

Disponibilità: 2 disponibili

Con questo video-corso avrai modo di fare un’esperienza approfondita dello Shinrin-Yoku sotto vari aspetti. In particolare affronterai le meditazioni e i rituali della foresta legati ai 10 principi dell’estetica giapponese e la relazione tra bagno di foresta e risveglio di Kundalini attraverso i chakra. Inoltre sperimenterai il principio della “Foresta Immaginale”.

Questo corso è anche una tappa della scuola per divenire Guida di Terapia della Foresta, Master certificato riconosciuto AIscon.

La durata totale del corso è di 19 ore.

L’estetica giapponese

Gli ideali tradizionali dell’estetica giapponese sono dieci. Ciascuno di essi può fornire uno spunto per una meditazione nella natura.

1) Mono no aware indica il pathos delle cose che svaniscono. Tutte le cose hanno pathos, o meglio, sono pathos, perché la natura di tutte le cose è l’impermanenza. Tutte le cose sono impermanenti perché sono anima. L’anima è invisibilità, tutte le cose svaniscono, tutte le cose sono anima.

Se le cose in natura non svanissero non avrebbero il pathos che hanno: è proprio la capacità di svanire che dà loro pathos, emozione.

Quando cammini nella foresta osserva con attenzione ed osserva con più attenzione certe cose.

Quando torni indietro, ripercorrendo il medesimo sentiero, osserva le stesse cose che hai notato all’andata e realizza come sono diverse, in una luce nuova. L’apparire di tutte le cose dipende dalla luce e dalle sue variazioni. Cambiando la luce, mutano le cose. Le immagini non sono mai le stesse. Ciò che hai visto all’andata non è ciò che vedi al ritorno. Realizza con attenzione cosciente l’impermanenza di tutte le immagini.

L’ideale di mono no aware è rappresentato dai fiori di ciliegio i quali incominciano a cadere dopo pochi giorni che sono sbocciati. Proprio l’evanescenza della bellezza evoca in chi la contempla emozione e pathos.

Questa meditazione sviluppa la forza di amare incondizionatamente le persone e gli eventi per ciò che sono in ogni singolo istante, senza porre condizioni che dovrebbero verificarsi in un ipotetico futuro.

2) Wabi sabi indica la semplicità, l’umiltà e l’imperfezione come componenti fondamentali della bellezza. Nella foresta la bellezza è semplicità, umiltà e imperfezione, asimmetria.

La cerimonia del tè nella tradizione Giapponese è indicata come simbolo di wabi sabi perché esprime il dare nell’umiltà e nella semplicità.


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Quando cammini nella foresta entra in sintonia con la fragilità, l’incompiutezza delle forme, la semplicità e l’umiltà della natura.

Wabi sabi è percepire la bellezza in un oggetto rotto e aggiustato, piuttosto che in uno nuovo. Ugualmente in natura osserva le piccole cose, umili, magari sporche di fango, osserva le cortecce spelacchiate, i rami secchi, i fiori appassiti, gli alberi ricurvi e godi della  bellezza di ciò che è meno appariscente.

Questa meditazione protegge dalla tristezza e sviluppa la capacità di trarre piacere dalle piccole cose.

3)Jo-ha-kyu è il principio del giusto ritmo e del giusto momento. Tutto nella foresta segue questo principio. Le piante attraversano lunghi periodi di tempo in cui non crescono, poi, nel giusto momento, iniziano a svilupparsi e crescono anche rapidamente. I fiori sbocciano nel giusto momento, gli animali escono dalla tana nel giusto momento. Saper cogliere il giusto momento è una questione d’istinto. Quando cammini in una foresta il principio di Jo-ha-kyu va applicato all’osservazione degli uccelli, degli insetti e degli animali, se riesci a vederne. Quando vedi un uccello o un insetto pensa: “Questo è il giusto momento per noi di essere in contatto”. Essere lì proprio in quell’istante per vedere il passaggio veloce di quell’uccello o di quell’insetto non è un caso, è il frutto del ritmo che lega tra loro tutte le cose nella foresta, te compreso, perché tu, in quel momento, sei un elemento della foresta.

Questa meditazione ti aiuta a sintonizzarti con le armonie universali e ad essere spontaneamente opportuno, cioè capace di fare o dire la cosa giusta al momento giusto senza sforzo.

4) Yugen tradotto letteralmente significa “leggermente scuro”. Questo termine sta ad indicare il fascino di tutte le cose in penombra. Quando cammini nella foresta cerca di essere consapevole di ciò che è nell’ombra. Quello che vedi alla luce del sole è solo una parte infinitesimale di ciò che è la foresta. La maggior parte degli aspetti della foresta è invisibile, è nell’ombra. Non parlo solo degli spiriti degli alberi, ma proprio di tutto ciò che non è illuminato e quindi è fuori dalla portata del tuo sguardo ordinario. Tuttavia tu puoi percepire ciò che è nella penombra. Puoi immaginare animali, insetti, piante del sottobosco che non riesci a vedere e da cui, magari, sei osservato.

Quando cammini nella foresta chiudi gli occhi per brevi istanti e cerca di vedere oltre quello che i tuoi occhi ordinari hanno appena visto. In questo modo svilupperai la visione sottile.

5) Miyabi indica la bellezza della quiete o la quiete come dimensione in cui è possibile gustare la bellezza. La quiete presuppone essenzialità poiché la mancanza di essenzialità crea confusione e ansia.

L’essenzialità è anche eleganza e la quiete è anche cortesia. Perciò Miyabi è l’insieme di quiete, essenzialità, eleganza e cortesia.

Quando cammini nel bosco apprezza la quiete e medita sull’eleganza dell’essenzialità; su come puoi portare nella tua vita, negli spazi dove abiti e lavori l’eleganza dell’essenzialità per ridurre la confusione che fomenta l’ansia.

6) Iki è un altro termine che da un punto di vista psicologico fa pensare al superamento dell’ansia. Infatti Iki fa riferimento alla capacità di godere dei piaceri della carne senza compulsività, con distacco ed eleganza.

Chi sa fare questo è più magro e sensuale, perciò l’emblema di Iki è la donna molto magra ed eroticamente attraente.

Per sviluppare questa componente, quando cammini nel bosco osserva la bellezza che non puoi toccare: senti che il non poter toccare ciò che ti attrae aumenta il tuo godimento della bellezza.

Questa meditazione ti aiuta ad essere meno ansioso, vorace e compulsivo.

7) Shibusa è un concetto complesso, ma prevale in esso la naturalezza: è bello ciò che è naturale. Per sviluppare questo aspetto nella tua personalità fai in modo che gli ambienti dove vivi siano più naturali possibili: ricchi di materiale naturale come il legno, per esempio. Shibusa fa anche riferimento alla bellezza come capacità di sottintendere, di lasciare aperte numerose interpretazioni, come possibilità di riempire l’immagine di contenuti da parte dell’osservatore.

Quando ti immergi nella natura senti che ogni immagine che vedi è simbolo.

L’etimologia della parola “simbolo” conduce al significato di “mettere insieme, far coincidere”. La parola simbolo fa dunque pensare alla metà di qualcosa che deve ricongiungersi all’altra parte di sé.

Percepisci le immagini che vedi in natura come simboli che devono condurtida un’altra parte, una parte invisibile agli occhi comuni ma afferrabile con il cuore. Quando, in natura, contempli un’immagine straordinariamente bella rivolgiti ad essa con una preghiera: “Ti prego, ricongiungimi all’altra metà di te, affinché io possa com-prenderti in un abbraccio e, com-prendendo te, io possa com-prendere me!”.

Questa meditazione ti dà una profonda comunione con la natura, con la tua anima e con la sua missione, nella quale si esprime la ragione per la quale la tua anima è venuta nel mondo.

8) Yohaku-no-bi è la “bellezza di ciò che manca”. In un’opera d’arte questo ideale rappresenta ciò che è escluso dall’opera stessa.

Puoi sviluppare questo ideale mentre cammini nella natura: quando incontri una immagine che ti emoziona particolarmente chiediti cosa manchi all’immagine e ringrazia ciò che manca. Per esempio, se vedi un albero dai colori autunnali, dalle foglie meravigliosamente rosse e gialle, puoi renderti conto che nell’immagine mancano le foglie verdi e rigogliose dell’estate. Ringrazia il verde che manca. Se incontri un albero in fiore, puoi sentire che mancano i frutti e ringraziare i frutti oppure, se t’imbatti in un fiore particolarmente vistoso, puoi percepire la mancanza del bocciolo e ringraziarlo o ancora se incroci una distesa di muschio, puoi pensare alla mancanza di sole, giacché il muschio cresce nell’ombra, quindi puoi ringraziare il sole. Questa meditazione ti insegna a fronteggiare la mancanza e a trasformarla in una risorsa.

9) Ma fa riferimento al fatto che la bellezza è nel vuoto. Allo stesso modo in cui la melodia è nelle pause di silenzio tra una nota e l’altra, così la bellezza è nel vuoto tra un’apparizione e l’altra. Per sviluppare Ma, quando prendi un bagno di natura, contempla il vuoto. Per esempio osserva gli spazi vuoti tra le fronde di un albero, i vuoti tra i petali di un fiore mossi dal vento o le pause di silenzio nel canto di un uccellino.

10) Kire significa “tagliato fuori” e indica l’essere separato come stato indispensabile alla consapevolezza della continuità dell’impermanenza.

La continuità dell’impermamenza dell’onda in uno stagno -la quale ora c’è e ora non c’è- non è percepibile, a meno che non venga interrotta da una rana che salta fuori dall’acqua, la quale crea un movimento che “rompe” la continuità della scena. L’ikebana, la composizione di fiori recisi, è un esempio di Kire. I fiori che sono “tagliati fuori” dal fluire della vita, in quanto recisi, non fanno che sottolineare la continuità dell’impermanenza della vita stessa nel loro appassire e tornare alla terra da cui originano fiori in un ciclo ininterrotto.

La morte è la garanzia dell’esistenza dell’immortalità.

Per fare l’esperienza di Kire, quando prendi un bagno di natura e contempli un albero, un fiore o un filo d’erba, chiediti dove sia la nascita e dove la fine di ciò che stai contemplando. Dove è la creazione dell’albero? Nel seme? Ma il seme non può esistere senza albero e l’albero non può esistere senza seme. Il ciclo è ininterrotto. Nel Buddhismo tutte le immagini sono viste come eternamente presenti, tutto è nel qui e ora. Tutto è come luce di lampo: appare e svanisce continuamente nell’attimo presente.

La morte, proprio come la rana che salta fuori dallo stagno, è ciò che permette all’osservatore di sviluppare la consapevolezza della continua impermanenza di tutte le immagini, le quali sono eternamente non nate, mai create, mai reali, mai irreali. Non c’è creazione né distruzione, ma solo apparire, svanire e riapparire: come chiudere gli occhi e riaprirli, come espirare ed inspirare.

Per sviluppare Kire puoi anche concentrarti sul tuo respiro spontaneo, mentre prendi un bagno di natura, e ripetere a te stesso: “Nell’esalazione si ha il giorno, nell’inalazione la notte: nell’esalazione tutte le immagini vengo rese manifeste, nell’inazione tutte le immagini vengono riassorbite”. Oppure ripeti come un mantra questa semplice affermazione in sincronia con il tuo respiro spontaneo: “appare, svanisce”. Ripeti “appare” ad ogni esalazione e “svanisce” ad ogni inalazione. Questa meditazione guarisce e protegge dalla paura e dal vittimismo.

La foresta immaginale

Nella visione e nella psicologia immaginale il divenire è visto come una grande immagine complessa, una sorta di ologramma, nel quale non solo la parte è nel tutto ma anche il tutto e in ogni singola parte.

Questa immagine, che possiamo chiamare grande imago, è una manifestazione dell’amore. Essa si rende necessaria come richiamo, poiché la consapevolezza dell’amore si è perduta nell’ignoranza e va ritrovata.

Quando l’individuo affronta il simbolo immaginale della morte impreparato, cioè muore con attaccamento e paura, cade nella fossa dell’inconsapevolezza, nella quale il ricordo si sé, il ricordo dell’amore universale si perde, la coscienza si oscura e la conoscenza si smarrisce.

Quando, invece, l’individuo muore senza attaccamenti né paure, può, nella morte, incontrare il sacro, il sacrum facere, il darsi per amore e ciò lo conduce al Nirvana, la liberazione finale in cui tutta l’apparenza fenomenica, il ciclo illusorio delle vite, delle morti e delle rinascite, la cosiddetta ruota del samsara si dissolve.

Se l’individuo è morto prigioniero della mente, vittima degli attaccamenti, la paura ha generato uno spasmo, una contrazione o chiusura dei suoi sensi sottili, tali per cui egli si è perduto nel buio. La chiamata dell’amore allora si rende necessaria: la consapevolezza deve essere richiamata a sciogliere gli attaccamenti e a vincere le paure per ritentare la via della libertà.

Questa visione immaginale si sposa con la visione del Buddhismo Zen dello yoga, essa è magnificamente espressa nella Bhagavad Gita.

  1. Oh Arjuna, tutti i mondi sono soggetti a continue rinascite, compreso quello del Deva Brahmà, ma colui che è giunto a Me non conosce più ritorno.
  2. Chi conosce che un giorno di Brahmà è composto da mille eoni, e che di mille eoni è anche la notte, sa cos’è un’era cosmica.
  3. Ogni volta che sopraggiunge questo giorno, tutti gli esseri distintamente si emanano dall’Indistinto. Quando poi giunge la notte, è in quest’Immanifesto che tutto il manifesto si riassorbe.
  4. Dopo essere nati e morti più e più volte, questa moltitudine di esseri, quando viene la notte di Brahmà si riassorbono nell’Immanifesto, e loro malgrado tornano a rinascere quando viene nuovamente il giorno.
  5. Ma al di là di questo formale divenire, c’è un’altra Esistenza suprema e immanifesta, che è eterna e non svanisce quando tutti gli esseri sono riassorbiti.
  6. Questa Realtà immanifesta e imperitura è ciò che viene chiamata la Meta suprema. Quando la si raggiunge non si rinasce mai più in questo mondo: essa è la mia eterna Dimora.
  7. Oh figlio di Pritha, solo con un’esclusiva aspirazione e con amorosa devozione questo stato dello Spirito Supremo può essere raggiunto: in Quello risiede l’essenza di tutti gli esseri e di Quello l’intero universo è pervaso.
  8. Oh toro tra i Bharata, ora ti rivelerò quale è il momento in cui scelgono di morire gli yogi che accedono al non ritorno, e quale è il tempo in cui invece si va sul sentiero del ritorno.
  9. Quando risplendono il fuoco, la luce, il giorno, durante la luna crescente, nei sei mesi del corso settentrionale del sole, questi sono i momenti in cui i conoscitori del Brahman che muoiono raggiungono il Brahman.
  10. Nel fumo, di notte, durante la quindicina della luna calante, nel semestre del sole decrescente verso sud, lo yogi che muore allora raggiunge la luce lunare, ma dovrà tornare.
  11. Questi sono i due perenni percorsi del mondo, il percorso luminoso e quello oscuro. Attraverso il primo si accede al non ritorno e attraverso l’altro si torna nuovamente.
  12. Oh figlio di Pritha, lo yogi che conosce questi due sentieri non subisce inganno, perciò in ogni istante sii disciplinato nello yoga, oh Arjuna.
  13. Una volta che lo yogi conosce tutto questo e ne pratica la disciplina, oltrepassa tutti i frutti meritori dello studio dei Veda e dei sacrifici, tutte le austerità e le carità: consegue così la suprema e originaria Dimora.

La nascita e la vita son dunque una grande imago, una chiamata all’amore che si manifesta poiché nella precedente esistenza si è morti con attaccamento e paura e ci si è smarriti.

Per effetto del formarsi della grande imago, madre e padre s’incontrano e si accoppiano e tutte le immagini della vita si producono, unitamente all’immagine della morte finale, nell’istantaneità della medesimezza, simultaneamente. Tutte le immagini che si formano al momento del concepimento sono modellate dai venti del karma, la legge dell’azione e della reazione, la quale genera proprio quelle immagini di cui abbiamo bisogno per sciogliere gli attaccamenti che ci hanno resi vittime della paura nel precedente transito dalla vita alla morte.

Nella grande imago ogni singolo evento porta in sé la chiamata al darsi per amore. Questo rende ogni singolo evento della vita una prova. A volte, per effetto degli attaccamenti e della paura, le prove sono molto ardue ma, nell’istante in cui -con il concepimento- la grande imago si forma, s’innestano in essa aiuti e alleati.

Tutti i boschi, le foreste, le piante, i fiori, gli animali, gli insetti, gli uccelli e i luoghi naturali che incontriamo nella vita sono i potenti alleati che, in virtù nel nostro karma favorevole, abbiamo meritato: dobbiamo sempre cercare di essere all’altezza dell’incontro con loro. Essi si manifestano nei momenti opportuni e a volte stanno al nostro fianco per molti anni, alcuni per tutta una vita. Ci aiutano persino nel transito dalla vita alla morte e dalla morte alla successiva rinascita.

Per tutte queste ragioni l’atteggiamento che dovremmo tenere di fronte alle immagini della natura è un atteggiamento di profonda, incondizionata gratitudine.

AVVERTENZA

Le sedute, i corsi, i seminari, i ritiri e le conferenze offerte dagli operatori dell’Associazione di Nonterapia e nell’ambito dei percorsi di Imaginal Academy sono volte allo scopo della ricerca interiore, del problem solving e della crescita personale, non si sostituiscono al lavoro di medici e psicoterapeuti poiché non considerano, non trattano e non si pongono come obiettivo la risoluzione di patologie e sintomi di stretta pertinenza medico/sanitaria.