Le relazioni. Riassorbire il reale e ritrovare la felicità

Data diretta: 15 Maggio 2023

Buongiorno,
sono felice di ritrovarvi dopo aver incontrato molto di voi a Velletri, a Roma, nella zona dei Castelli. Non conoscevo molto questa zona, è davvero bellissima, piena di verde, di boschi, di laghi. Oggi finalmente sembra tornato il sole dopo qualche giorno di pioggia. Anche la pioggia è bella, soprattutto in primavera.

Oggi voglio parlarvi delle relazioni perché mi avete scritto in tanti riguardo a questo argomento. Alcuni sono più interessati alla relazione con i figli, altri con i genitori, altri con il compagno o la compagna. Ho deciso di raggruppare in un argomento generale queste richieste sulle relazioni, parlare di quando non vanno, di quando ci sono delle crepe o delle fratture.

La relazione fra me e Akì invece è perfetta e senza crepe. Anche lei ha le sue imperfezioni, naturalmente. Per esempio quando è ora di andare a dormire, la sera, quando va al limitare del giardino, verso la recinzione, per abbaiare ai cinghiali, alle volpi, ai cerbiatti che scendono giù per andare al fiume a bere di notte. Abbaia e non vuole mai andare a letto, poi dorme tutta la mattina. Insomma anche la mia relazione con Akì ha le sue imperfezioni ma è bella per questo.

Ho scritto un libro, Wabi Sabi – La bellezza della vita imperfetta, su questo argomento. Parlo di come le imperfezioni rendano tutto ciò che viviamo estremamente bello, ovvero di come l’imperfezione sia una componente fondamentale della bellezza. Quando però diventiamo vittime delle imperfezioni, allora soffriamo anzichè manifestare la bellezza. Ed è lì che dobbiamo intervenire, perché si creano fratture, crepe, ferite che dobbiamo aggiustare con l’oro della consapevolezza. So che tantissimi di voi hanno regalato Kintsugi alla mamma, in occasione della sua festa. È il momento di regalarlo, per regalare un gesto di consapevolezza ed è come dire “Ti amo e vorrei che tu riparassi le tue ferite con l’oro, che riparassi tutto ciò che ti fa male”. È un gesto d’amore bellissimo.

Come riparare con l’oro le crepe e le fratture, le ferite delle nostre relazioni attraverso un’operazione che possiamo chiamare, nella psicologia archetipica immaginale, ritiro delle proiezioni? Nel Buddhismo esoterico, nello sciamanismo, per gli Yamabushi e in genere nelle tradizioni esoteriche, possiamo chiamarla invece riassorbimento del reale, ritiro delle proiezioni. Sono due espressioni diverse per designare la medesima cosa.

Cosa vuol dire ritirare le proiezioni e riassorbire il reale? Vuol dire rendersi conto, innanzitutto, che quello che viviamo, gli eventi, sono nostre proiezioni, sono immagini dell’anima. L’anima abita le proprie immagini e quest’anima che immagina l’esistenza, che immagina gli eventi, non è un principio soggettivo. Quando si parla di anima non si intende qualcosa di soggettivo, individuale, ma si parla dell’anima del mondo, del soggetto dell’immaginare.

Ciascuno di noi è l’anima del mondo, ciascuno di noi non è qualcuno ma è tutti gli uomini. Questa idea di essere un individuo distinto e separato dal resto dell’universo è un’illusione della mente. In verità noi siamo distinti dagli altri e dall’universo ma non separati. Questo è il Tao, la non dualità, che è poi la realtà delle cose. Quando si dice che hai immaginato un evento si intende l’anima, l’atto stesso dell’immaginare, come diceva Hillman. Con questa parola si intende un principio individuale. Tu sei l’anima del mondo.

L’anima crea gli eventi immaginandoli e quando l’anima immagina non è sola. L’anima crea in unione con il divino. Il divino e l’anima creano in un’unione erotica, cioè procreativa, che è sacra, in cui si danno l’uno all’altra. Ogni creazione infatti comporta una morte e l’anima e il divino, il principio maschile e femminile, si danno uno all’altra incessantemente. Per questo sono inscindibili. Non esistono nella loro realtà individuale, separata, ma solo nella relazione. Anzi, la relazione esiste al di là di soggetto e oggetto, per cui l’unica cosa veramente reale è questo darsi incessante, continuo, dell’anima al Divino.

Questa unione è ciò da cui prendono avvio tutte le immagini. Si manifestano come sogni e questa unione è l’esistenza. Le nostre relazioni non sono che un simbolo di questa unione originaria. Quindi le relazioni sono costruite su modello della relazione originaria, per cui comporta un darsi incessante, continuo, al fine di creare qualcosa. Per esempio la mia relazione con voi: siamo qua tutte le mattine, dal lunedì al giovedì e la sera il martedì, su Clubhouse, il giovedì su Twitter.

Questa nostra relazione è uno specchio della relazione fra divino e natura, tra anima e Dio. È un riflesso, un simbolo di quella relazione e quindi anche in questa relazione né io né tu esistiamo come soggetti individuali separati. Quello che esiste è unicamente la nostra relazione, l’essere insieme, il darci l’uno con l’altro. Io mi do nel dialogo e tu ti dai nell’ascolto e ciascuno di noi, essendo qui, crea qualcosa di nuovo che prima non esisteva. La nostra diretta è quindi qualcosa che non è mai stato detto prima, non in questo modo, non in questa forma, non con queste parole. Ogni volta è uno scoprire un’angolazione diversa di una conoscenza che è presente sin dall’origine del tempo.

Quindi creare qualcosa di nuovo non è portare in essere qualcosa che prima non c’era, ma è manifestare una nuova visione, una nuova prospettiva di qualcosa che esiste da sempre e osservarla da un’angolatura diversa. Da sola non posso creare questa prospettiva, non posso dire “Ecco come riparare le ferite delle relazioni con l’oro della consapevolezza. Lo so, punto e basta”. No, devo unirmi a te in questo dialogo, perché questa consapevolezza, di sapere come guarire con l’oro le ferite delle relazioni, si manifesti.

Dalla nostra unione nasce qualcosa che prima non c’era e non solo, qualcosa che non si ripeterà mai più. Domani, se ci riunissimo di nuovo e parlassimo dello stesso argomento, non diremmo le stesse cose. Affronteremmo tutto da un’altra prospettiva, porteremmo in essere un’altra consapevolezza di come guarire con l’oro le ferite delle relazioni e dopodomani un’altra ancora e così via. Ogni diretta, ogni momento in cui ci uniamo è preziosissimo perché in questo momento, in questa diretta, viene portato in essere qualcosa di unico.

Se ci pensi bene non è solo che stamattina siamo qui, uniti, tutti noi. Magari ci doveva essere quella tua amica a cui avevi parlato della diretta e che alla fine non si è svegliata. Magari invece c’è qui qualcuno per caso. Il caso però non esiste, esiste in verità solo la nostra ignoranza delle leggi per cui accadono le cose. C’è una legge misteriosa che permette a lui “per caso” di essere qui e che non permette alla tua amica di esserci.

Nessuno è mai da solo. Ci sono tutti i loro antenati, siamo qui con tutti i nostri antenati stamattina. Dove sono? Sono nella forma del nostro naso, nel colore dei nostri occhi, in questi capelli neri e non bianchi. Folti, come quelli del mio papà. Dov’è il mio papà se non qui nei miei capelli, nella forma del mio viso. Dove sono i tuoi antenati? Sono lì con te, nel fatto che questa mattina ti sia messa proprio questa felpa e non quei pantaloni. In apparenza sembra una scelta tua, ma in verità è una scelta transgenerazionale. Dipende dall’educazione che hai ricevuto, dagli antenati che hai avuto.

E poi siccome siamo una Family, una famiglia iniziatica, con noi stamattina c’è anche la grande assemblea, ovvero i maestri e i maestri dei maestri della nostra famiglia spirituale. Pensate in quanti siamo e alla dimensione della nostra relazione!

Ramon Pannikar, il grande teologo con cui ho avuto l’onore e il piacere di studiare e fare diverse conferenze, diceva che tutti coloro che si trovano sotto le leggi del medesimo cammino spirituale sono insieme da sempre, uniti da un filo d’oro, insieme dall’origine del tempo. Quindi pensate al karma, a quanto siano complesse le relazioni. Si fa presto a dire “La relazione con mio marito non funziona”, “La relazione con mio figlio è difficile”. Hai osservato quella relazione in tutta la sua complessità? Per farlo ci vuole una mente potenziata e non una mente ordinaria. La mente che l’uomo utilizza normalmente è la ratio, la parte più maschile e analitica della mente, la logica. La logica però non è in grado di comprendere la complessità del reale, proprio perché analitica, non sintetica. Ci vuole un altro strumento mentale, che gli antichi chiamavano il logos, quella parte della mente capace di dialogare con l’invisibile. Quando è l’uomo a parlare con l’invisibile si chiama preghiera, quando è il divino a parlare con te si chiama meditazione. Questo dialogo con il Divino è logos, un’abilità della mente che gli individui hanno dimenticato in questa società senza equilibrio, patricentrica, dove prevale la parte maschile della mente, cioè la logica, la ratio. Lo si perderà se non si fa qualcosa per recuperare questa abilità, un cammino spirituale per recuperare il logos.

Quindi abbiamo bisogno di una mente potenziata per comprendere la complessità delle relazioni. Sri Aurobindo la chiamava “Overmind”, Hillman la chiamava “Il pensiero del cuore”. A me piace definirla “mente poetica”, perché innanzitutto ricorda la poiesi, la creazione dell’anima che unita al Divino manifesta tutte le immagini dell’esistenza. Poi mi ricorda anche la poesia della natura, l’esperienza estetica, la bellezza, che poi alla fine è quella che ci salva, anche nelle nostre relazioni.

Abbiamo bisogno di questa mente poetica per comprendere, come dico nel libro Kintsugi, come abbracciare la complessità del reale e la complessità delle nostre relazioni.

Quando sposi un marito non sposi solo lui ma tutti i suoi antenati e quindi sposi la storia, le possiiblità che magari non sono tutte espresse nel marito, ma che sono comunque presenti nella storia e nella tua relazione con i figli. Perché nei figli ci sono anche i geni del marito e quindi anche tutti gli antenati dell’uomo con cui hai concepito i tuoi figli. Quando guardi tuo marito con la mente logica, con la ratio, puoi vedere solo l’individuo. Ma se lo guardi con il logos, con la mente poetica, sei capace di dialogare con l’invisibile e quindi con tutti gli spiriti che sono insieme a tuo marito, tutti i suoi antenati.

Più restringi la tua visione all’altro, più ti apparirà incapace, indegno, sbagliato. Più intensifichi l’ansia più si restringe la visione dell’altro. Pensate anche agli avvocati, a cui ci si rivolge per via di una lite fra marito e moglie, genitori e figli. L’avvocato finge di fare gli interessi del suo assistito. Quante situazioni ci sono così nel mondo, specialmente oggi. Siamo nell’epoca del Kali Yuga, l’epoca della violenza, dei litigi, per cui le persone entrano in queste dinamiche di conflitto, che stimolano il sistema nervoso a produrre determinate sostanze nell’organismo di cui si diventa dipendenti. E così si continua a litigare, perché si è creata una dipendenza biochimica e fisica alla lite. Bisogna far girare la ruota nell’altro senso.

Quando inizi a diminuire l’ansia, quando prendi l’altro e lo abbracci, ritiri la proiezione, riassorbi il reale, riconosci l’altro come una tua manifestazione, uno specchio. Ecco ciò che io sono, ecco ciò che io sono. Sono lo specchio di ciò che sei, di ciò che hai dentro e che non riuscivi in nessun modo a riconoscere in te stesso, per cui hai dovuto proiettarlo all’esterno di te per vederlo.

Come possiamo spezzare questo circolo vizioso, far girare l’energia in senso opposto?
Dobbiamo risvegliare quella parte della mente che nei più è sopita. Dobbiamo risvegliare la capacità di dialogare con l’invisibile, la capacità di pregare e di meditare.

paola.bertoldi@gmail.com

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