Kintsugi, un grande strumento per ripararti con l’oro: il sincretismo

Data diretta: 10 Aprile 2023

Buongiorno,

l’argomento di oggi è Kintsugi e il sincretismo. Siamo arrivati all’ottavo capitolo e all’ottava legge della riparazione con l’oro. Il sincretismo è un concetto che mi sta molto molto a cuore perché ho studiato con Raimon Panikkar, un grande teologo. Era un prete cattolico ma diceva sempre che i vescovi dovrebbero sposarsi e se non si sposano non dovrebbero essere vescovi; era davvero un grande uomo libero. Avrebbe apprezzato molto la legge del “rompere le regole”, di cui abbiamo già parlato.

Uno degli argomenti preferiti delle sue conferenze era il sincretismo religioso.

Il sincretismo è anche un grande strumento di riparazione delle nostre ferite con l’oro perché ci porta a ritrovare la nostra integrità. Nel Kintsugi si usa quando molti frammenti di un oggetto rotto sono saltati via, sono perduti, e la ricostruzione avviene con pezzi di altri oggetti, che a volte hanno un disegno leggermente diverso dall’originale, con l’oro e con la colla urushi.

Il sincretismo ci permette di ricostruire la integrità dell’anima quando l’anima si è non solo si è frantumata ma ne abbiamo perso tanti pezzi e la ricostruiamo magari mettendo pezzi diversi, anche non al loro posto, e quindi facciamo veramente un patchwork che ci rigenera e ci ricostruisce.

Come sapete, nel libro racconto la mia storia e quella di Tomoe.

Per quanto riguarda la mia storia l’avevo lasciata al periodo in cui mi ero ammalata, avevo avuto il cancro e addirittura un medico qui a Lugano mi aveva data per spacciata. Invece mi sono ricostruita con l’oro e in quel periodo ho usato i tre grandi ingredienti della riparazione che sono il piacere, l’entusiasmo e la solitudine.

La solitudine è stato uno degli ingredienti più importanti della mia riparazione e infatti, come racconto nel libro, ho lasciato la famiglia ad Edimburgo e sono tornata in Svizzera per curarmi da sola. Ho fatto venire il mio compagno di meditazione di quando stavo nella foresta, il reverendo Gotatuwe Sumanaloka Thero, che è un grande esperto di Ayurveda. Mi ha aiutato tanto con degli impacchi che faceva con la terra del bosco e dopo l’operazione ricordo che mi diceva sempre: “Adesso sei libera! Adesso che hai ricostruito l’ordine primevo restituendo il toro bianco a Minosse devi correre libera sul tuo cavallo.”

Così ho iniziato a dare molta energia ad un ramo della mia attività che è Voyagesillumination, un’associazione culturale che organizza viaggi culturali.

Ho iniziato con piccoli gruppi e siamo andati in Tibet, in Bhutan, in Ladak, in Grecia e in molti altri luoghi del mondo.

Fare i viaggi mi ha permesso di rimettere insieme parti molto diverse di me, che riconoscevo in tutte le persone che incontravo. Quando vedevo i Sufi dello Yemen o dell’Iran, riconoscevo una parte di me; e anche quando vedevo gli Agori del Nepal o di Varanasi. Gli Agori vivono nudi vicino alla pira funebre e si cospargono il corpo di cenere funeraria. Vedevo una parte di me quando entravo in contatto con i Tulku del Butan, che vivono nei monasteri arroccati sulle montagne. Entravo in contatto con una parte di me quando accedevo ai templi tibetani saccheggiati dai cinesi, pieni di ferite eppure ancora impegnati nel sacrum facere. Riconoscevo una parte di me quando andavo nelle foreste del Myanmar con la mia amica sciamana, con la quale ho creato le Carte dei Nat, a fare riti e cerimonie dedicate agli spiriti della tradizione Birmana

Riconoscevo una parte di me e pian piano mi reintegravo, mi ritrovavo, rimettevo insieme tutte le parti di me, che avevo perduto di vita in vita e di morte in morte. Tutto è simultaneo, tutto accade adesso, proprio adesso. Sia la frantumazione che la riparazione accadono in simultanea.

In quel periodo indossavo vestiti stranissimi e proprio in quel periodo ho iniziato a portare i turbanti. Ho cominciato a parlare in un modo diverso dal solito, addirittura incomprensibile. A volte mi dicevano che non avrei potuto fare le dirette perché il mio linguaggio non era proprio del tutto comprensibile. I miei figli dicevano “La mamma è diventata matta, è impazzita”. Invece io mi stavo riparando.

Ho scoperto una cosa molto importante, come scrivo nel libro. Se conosci un’unica visione allora quella visione diventa la tua prigione. Poi negli anni ho scoperto che il sincretismo lo puoi fare in tanti modi, anche senza viaggiare fisicamente. Certo quello è un modo molto bello e importante di operare il sincretismo. Conoscere altre culture, personaggi così diversi da quelli che frequenti abitualmente, ritrovare nel loro riflesso pezzi della tua anima che hai perduto, chissà quando, chissà dove. Quello è un modo straordinario per operare il sincretismo, ma ce ne sono tanti altri e oggi per esempio parlavo con Michelangelo e gli dicevo “Oggi sei tu che fai viaggi”, perché Michelangelo guida i viaggi in Giappone e in Mongolia, dagli sciamani Yamabushi del Giappone e i buriati della Mongolia.

Oggi è lui a fare questo, mentre io continuo a fare sincretismo in altri modi. Per esempio, sapete che Kintsugi diventerà uno spettacolo teatrale e quindi faccio teatro, poi ho lanciato il Visual Imaginal SCW, quella parte di Academy che si svilupperà nella realtà virtuale e così continuo il sincretismo. Perché come scrivo nel libro, se conosci un’unica visione, allora quella visione diventa la tua prigione. Perché conoscerai solo quel modo di vivere, solo quel modo di rapportarti alla natura, solo quel maestro, quella scuola, quell’insegnamento, quella visione. Alla fine, tutto questo diventa la tua prigione e appena vedi qualcuno che fa qualcosa di diverso hai paura. Ti fa paura per forza, perché conosci solo quello che pensi, credi che la natura sia solo quella che conosci tu perché hai una visione ristretta delle cose, hai un’unica strada, un unico maestro, un unico insegnamento, un’unica visione delle cose.

Ecco che la tua anima si è frantumata, hai perso tanti pezzi e non ti è mai venuto in mente che potevi fare un’opera di integrazione e ricostruirti. Sei rimasto solo con quel pezzettinoe quando vedi gli altri che fanno cose molto diverse da quelle che fai tu, che percorrono sentieri molto diversi da quello che percorri tu, quando vedi gli altri che sono molto diversi da te, anziché riconoscerli come i frammenti della tua stessa anima che hai perduto pensi: “No per carità! “Vade retro Satana”.

Per forza, perché non la conosci, perché non la riconosci. In verità quella è una parte di te che hai perduto. Ti sei così focalizzato su quell’unico frammento di te che hai conservato che quando vedi riflessi negli altri i frammenti che hai perduto non li riconosci e addirittura ti fanno paura. Questo è giudizio. Quando incontro quei vegetariani – io lo sono da sempre – così fissati sulla loro piccola verità, che rendono tutti gli altri sbagliati, mi viene voglia di addentare una coscia di pollo. Cosa che non ho mai fatto, tranne una volta in Egitto, in un Voyagesillumination. Stavamo facendo il tour delle oasi, bellissimo. I beduini che vivono nelle oasi mangiano le galline che allevano, perché nel deserto è molto difficile coltivare i broccoli, le carote, i pomodori, le cipolle. Non crescono. Allora allevano e mangiano le galline.

C’era una persona nel gruppo che continuamente ce l’aveva con questi beduini che mangiavano le galline. Scusa, ma questi vivono nel deserto: ti rendi conto? Niente. Addirittura una sera se l’è presa col cameriere. “Ma che schifo, che schifo. Perché dobbiamo mangiare?”. Avevo organizzato un viaggio bellissimo, sapendo che c’erano diversi vegetariani, tra cui la sottoscritta. Mi ero premurata con le mie guide, dicendo loro di portare delle verdure, di metterle dentro a dei congelatori. Le verdure congelate potevano essere mantenute al fresco. Appena siamo arrivati all’oasi le hanno tirate fuori, in modo che i miei clienti avessero sempre verdure a disposizione. “Portateci cereali integrali, legumi, alghe secche. Nel deserto le alghe secche vanno bene, basta metterle ammollo la sera prima e il giorno dopo si possono mangiare. Insomma, questa donna, come tutti gli altri del gruppo, aveva diverse pietanze macrobiotiche da consumare. Anche nel bel mezzo del deserto. Però si lamentava perché, nel tavolo vicino, le nostre guide insieme ai beduini dell’oasi mangiavano il pollo e a lei dava fastidio. Ad un certo punto è stata veramente ed estremamente scortese e cafona con i camerieri, con tutti. Di fronte a queste scene ripetute pensavo che questa persona vedeva solo il suo piccolo frammento di verità. Così ho addentato la coscia di pollo!

Penso che ci possiamo vedere negli altri, riconoscerci in loro, ritrovare i frammenti di noi che abbiamo perduto e che possiamo ricomporre. Il che non vuol dire che se uno è vegetariano e incontra un beduino che mangia pollo, devo tornare ad essere onnivoro. Però può ritrovare in quell’esperienza quel sentimento, quella sensazione, quella vita di sacrificio, di sacrum facere, propria dell’uomo e dell’animale che vivono in mezzo al deserto, in una reciproca dipendenza.

Questo è un esempio per dirvi di come a volte le persone si rinchiudano nelle loro piccolissime verità. Hanno perso tutti gli altri aspetti di loro stesse e quando li incontrano negli altri anziché compiere la reintegrazione, ricostruire il vaso della loro anima, li giudicano negativamente e ne hanno paura.

Come racconto nel libro, a un certo punto mi sono resa conto che il viaggio così come lo facevamo noi, andando nei luoghi più mistici del pianeta a incontrare i personaggi più mistici, era la forma migliore di psicoterapia che si potesse effettuare. Funzionava con le persone depresse, con chi aveva disturbi della personalità, del sonno, disturbi relazionali. Mi ricordo che un giorno ho incontrato Panikkar, gli ho spiegato la mia scoperta, cioè il fatto che un certo tipo di pellegrinaggio mistico è una grande opera di riparazione delle ferite dell’anima, e lui mi ha detto: “Se una cosa funziona allora è giusta”. Lui era fatto così e quella era una delle sue frasi preferite.

Infatti, in questi viaggi ancora oggi succedono di continuo dei miracoli. Michelangelo e Dasha, che oggi guidano i viaggi al posto mio, mi dicono sempre “Sai, è partita con noi una signora che non sapeva se lasciare il marito, con cui da anni ha una relazione che non funziona, nella quale si sente in prigione. Alla fine durante il viaggio ha avuto la sua risposta ed è tornata sapendo che cosa avrebbe dovuto fare”.

Il viaggio ti porta ad aprire porte che prima erano chiuse, da cui entrano energie dapprima represse, rimosse. Ti porta ad avere visioni che prima reprimevi perché non facevano parte di quell’unico frammento di te rimasto e man mano che integri, man mano che vai a prendere gli altri frammenti di te riconoscendoli nelle persone che incontri riesci anche ad avere risposte che prima non avevi. Occorre tuttavia viaggiare in un certo modo, entrare in relazione profonda con la gente che si incontra. Lo scrivo nel libro: questo entrare in relazione profonda con i personaggi più mistici del pianeta è uno degli aspetti fondamentali dei nostri Voyagesillumination. Per esempio Michelangelo e Dasha quest’estate faranno un viaggio in Giappone, guideranno un piccolo gruppo di persone e lo porteranno dagli Yamabushi, gli sciamani giapponesi, a fare un addestramento completo sullo sciamanniamo. I membri del gruppo diventeranno sciamani a loro volta sciamani Yamabushi.

Il Kintsugi si può quindi operare con il viaggio e non solo. Personalmente adotto altri strumenti, per esempio esploro altre dimensioni. La realtà virtuale, il teatro, dimensioni in cui non ero mai entrata prima nella mia vita. Anche là scopro tante parti e aspetti id me, perché quest’opera di sincretismo non finisce mai. Il cammino è la meta e ogni volta che riesci a ritrovare un aspetto di te riflesso in qualcun altro lo riaggiusti con l’oro.

Di recente ho fatto una presentazione alla galleria Vittorio Emanuele a Milano, presso la Libreria Rizzoli. Grazie ancora a tutti coloro che sono intervenuti, eravate tantissimi! La Rizzoli di Milano è uno dei luoghi che ho tanto a cuore perché quando stavo in Sri Lanka per conto di due uomini, di cui uno era un gioielliere di Firenze che aveva un ufficio distaccato a Milano, proprio in via Manzoni. Ogni volta che tornavo dallo Sri Lanka andavo lì. Ancora oggi è uno dei luoghi che ho nel cuore perché rappresentano la mia gioventù. L’idea quindi di fare uno spettacolo al Teatro Manzoni non può che essere stupenda, per me. Ricordo che all’epoca ero solita sedermi in galleria e osservare tutte le persone che passavano. Le guardavo cercando di riconoscermi in quelle persone. Più le vedevo diverse da me, più le vedevo strane, più operavo il Kintsugi mettendo in pausa il giudizio, sciogliendolo. Riconoscerti in quella persona così tanto diversa da te sorprende la mente.

Credo che oggi, più che mai, il mondo abbia bisogno di Kintsugi. Abbiamo questo grande problema del giudicare il diverso perché ci fa paura. E per questo abbiamo bisogno di riconoscere negli altri, così diversi da noi, una parte di noi stessi che abbiamo perduto e che possiamo reintegrare, potenziandoci di volta in volta. Agendo così, supererai le tue paure, scioglierai il giudizio, integrerai.

Prendiamo ad esempio la storia di Tomoe, che viveva in solitudine sui monti e che si era messa coltivare riso e sakè insieme a Oda. Prosperavano insieme, ma Tomoe non riusciva a fidarsi di lui, tanto che a un certo punto lui la molla perché non riusciva a stare con una persona che non nutriva verso di lui alcuna fiducia. Tomoe si ritrova quindi da sola a portare avanti le coltivazioni con i suoi due fidati guerrieri. Un bel giorno trova la loro testa infilata su un palo, per mano di colui che da sempre tramava vendetta nei suoi confronti, poiché Tomoe gli aveva ucciso il padre. Tomoe giura quindi vendetta: promette di uccidere chiunque abbia fatto del male ai suoi Ronin. Tomoè non aveva paura di niente e nessuno, era invincibile e sapeva di esserlo.

Parte così per andare a cercare chi ha ucciso i due guerrieri e il suo maestro di Bushido decide di accompagnarla. Durante il viaggio, Tomoe opera il Kintsugi: reintegra tante parti di sé grazie al sincretismo, la capacità del nostro cervello di unire le cose più differenti fra loro.

Il concetto di reintegrazione e di riunire gli opposti è un tema ricorrente nelle filosofie orientali e nella pratica dello yoga. L’idea è quella di accettare e integrare le parti di noi stessi che potremmo considerare inaccettabili o inarrivabili, al fine di diventare più completi e potenti.

La capacità di essere aperti e accettare nuove esperienze, idee e modi di pensare è fondamentale per la crescita personale e spirituale. Chiudersi a queste possibilità può limitare il nostro potenziale e renderci meno resilienti di fronte alle sfide della vita.

È importante ricordare che, come individui, abbiamo la capacità di sviluppare diverse abilità e poteri e di scoprire nuove parti di noi stessi. Integrando queste diverse parti, possiamo diventare più potenti e capaci di affrontare le sfide che la vita ci presenta.

Infine, è essenziale essere aperti e accoglienti nei confronti di ciò che può sembrare nuovo o diverso, poiché ciò può portare a una maggiore comprensione e crescita personale. Integrando gli opposti e abbracciando la diversità possiamo realizzare il nostro pieno potenziale e contribuire a creare un mondo più armonioso e comprensivo.

La grande sfida è integrare tutto quello che riteniamo inaccettabile. Se non riesci a farlo, non sarai mai in grado di integrare gli inarrivabili e avrai sempre davanti a te dei potenti inarrivabili. Avrai sempre grossi problemi col denaro, con la cultura. Questa sensazione di non essere mai abbastanza, di non guadagnare mai abbastanza, di non poterti permettere mai abbastanza, di non essere felice abbastanza nelle relazioni affettive, è la conseguenza del fatto che non riesci a integrare qualcosa di diverso da te.

Le persone che esprimono giudizi più pesanti sugli altri sono in genere le più frustrate. Bisogna superare questa spirale discendente. Lo spiego nel mio libro in modo chiaro e dettagliato.

Il mio maestro diceva sempre: “Se tu stai andando in una direzione e impieghi tutte le tue energie per andare da quella parte, vuol dire che quella strada è sbagliata perché ti crea continuamente degli inaccettabili che poi creano continuamente degli inarrivabili. Emerge il senso di impotenza e la frustrazione. In questo modo impiegherai tutte le tue energie per continuare ad andare in quella direzione, quando in realtà l’unica cosa sensata da fare è cambiare direzione. Quando cambi direzione, metti in moto un circuito virtuoso in cui quando vedi qualcuno o qualcosa di diverso da te, che di primo acchito respingeresti, lasci cadere il giudizio e dici a te stesso “Questo è un mio riflesso ma non riesco a riconoscerlo. Ti prego maestro, aiutami a riconoscere. Aiutami a reintegrare”. In quello stesso istante si scioglierà l’inarrivabile e vedrai che riuscirai ad arrivare laddove non sei mai arrivato prima. Si scioglierà la frustrazione ed entrerai in una spirale diversa.

Il mantra che ti suggerisco nel libro ti permette di unire gli opposti. Invece che opporti al riflesso di te che vedi negli altri, recita il mantra degli opposti. Ricordati che possiedi la polvere d’oro e puoi reintegrare i frammenti dell’anima.

Vi abbraccio!

paola.bertoldi@gmail.com

paola.bertoldi@gmail.com