L’mmersione nella natura e il mito della natura

Data diretta: 18 Aprile 2023

Selene: Buongiorno,

Sono qui anche stamattina all’Isola d’Elba con Michelangelo e ne approfitto per coinvolgerlo nella diretta, perché so che ieri avete molto apprezzato l’excursus nel mito che ha fatto. Sono qui anche con i miei stupendi allievi del ritiro che stiamo facendo in un posto meraviglioso all’Isola d’Elba e oggi volevamo parlare di natura, perché uno degli argomenti di questo ritiro è lo Shinrin-Yoku, sul quale ho scritto un libro intitolato “Shinrin-Yoku. L’immersione nei boschi”.

È chiamato anche Forest Bathing, bagno di foresta; viene dal Giappone ed è l’immersione cosciente in natura, fatta  utilizzando tutti e cinque i sensi. È stato appurato che ha un effetto terapeutico perché è in grado di abbassare il livello dell’ormone dello stress e di alzare le difese immunitarie.

Immergersi nella natura, meditando e camminando è un’attività utile e importante ma molte persone hanno paura della natura, come abbiamo potuto osservare durante i numerosi ritiri nei quali pratichiamo lo Shinrin-Yoku.

Esistono tanti miti legati alla natura, anzi la natura stessa è un mito.

Per gli antichi era Demetra, Cerere; per i tibetani era  la demonessa tantrica, sdraiata sull’altopiano del Tibet, che dava vita a tutta la natura.

Michelangelo puoi dirci qualcosa sul mito della natura?

Michelangelo: A volte mi sorprende vedere quante persone hanno paura della natura, per esempio hanno paura di andare nel bosco di notte. In un certo senso sono paure che hanno un’origine naturale ma ti faccio una domanda: “Qual è la differenza tra quello che dicevi l’altro giorno riguardo al fatto che bisogna avere il “timor Dei”, il rispetto della natura, e l’avere paura della natura.

Selene: Sono due cose ben diverse! il “timor Dei” è la consapevolezza che la natura è divina, che Dio è nella natura e quindi la natura è divina, non è un oggetto materiale, ma è spirito, è immagine, sogno, apparizione; come tutto, come tutta l’esistenza, è vacuità, come affermano i buddhisti. La vacuità è il nulla, che però non è il niente, è aspirazione ad esistere perché è aspirazione a darsi, ad offrirsi, è desiderio, è volontà e quindi è un dio, una dea, uno spirito, una volontà cosciente, intelligente. Quindi il “timor Dei”, che è il rispetto per la natura, è la conseguenza della capacità di vedere la natura non come un oggetto materiale, bensì come un dio, uno spirito, come facevano gli antichi e come fanno tuttora i giapponesi.

I giapponesi quando parlano di Shinrin-Yoku e di immersione nei boschi, di bagno di foresta fanno sempre riferimento alla foresta immaginale, cioè alla foresta sacra, che è l’insieme degli spiriti Kami, maschili, e Megami, femminili.

Nella nostra tradizione immaginale parleremmo di ninfe e satiri, del dio Pan e di Demetra, la grande dea della natura, Cerere. Quando l’uomo riesce a vedere la natura in termini spirituali, allora ha il “timor Dei”, cioè il rispetto del divino che è la natura. Quando invece la vede come oggetto materiale da una parte ne è attratto e dall’altra può avere paura dell’animale che sbuca fuori all’improvviso.

Il nostro cervello si è specializzato nel vedere in natura soprattutto gli animali e questo ha provocato un fenomeno che gli scienziati chiamano Plant Blindness, cioè cecità alla natura. Noi quando siamo nella natura vediamo solo una piccolissima parte di tutte le erbe, di tutte le piante che sono presenti, perché il nostro cervello si è specializzato a vedere soprattutto gli animali, in quanto gli animali possono costituire un pericolo mentre le piante no.

Michelangelo: Di sottofondo a tutto questo discorso c’è anche un concetto di natura che implica un dualismo tra natura e uomo, molto radicato nella nostra civiltà. Non è così in altre culture.
Ne parlavamo anche ieri nell’ambito del discorso sul colonialismo. Nella mentalità occidentale se pensiamo, per esempio, alle Americhe prima dell’arrivo degli europei immaginiamo una natura incontaminata.  In realtà le Americhe erano già state antropizzate completamente, solo che l’uomo che abitava le Americhe non viveva una distinzione così forte tra se stesso e la natura, quindi anche uno spazio come la foresta pluviale dell’Amazzonia, che l’uomo utilizzava in tutte le sue forme, veniva concepito dalle popolazioni amazzoniche in costante relazione con l’uomo. Ieri ho parlato della figura dello sciamano come mediatore tra la natura e l’uomo e questa mediazione avviene nelle due direzioni: c’è una consapevolezza del fatto che la natura esiste in quanto tale, con tutti i suoi equilibri, anche grazie all’azione dell’uomo e viceversa. Quindi viene a cadere la divisione così netta tra tutto quello che fa l’uomo e il mondo naturale. Noi, dopo tutto, siamo animali e quindi siamo parte della natura e tutto ciò che viene dalla nostra razionalità è comunque parte della natura.

Selene: Certo!  È impressionante come la nostra civiltà divida la cultura dalla natura.

Me ne sto sempre più rendendo conto in questi ultimi periodi anche in relazione al Metaverso. Faremo meditazione nel Metaverso, useremo la realtà virtuale per fare i rituali sciamanici. Ovviamente questo non esclude il fatto che continueremo a fare rituali nella natura. Ma per alcuni le due cose sembrano addirittura inconciliabili.

Una collega psicoterapeuta sottolineava che la realtà virtuale viene utilizzata anche in psicoterapia per curare, per guarire.

Mi meraviglio molto quando qualcuno afferma: “Ah no, io tutto questo non lo voglio, perché io voglio la natura vera, voglio stare a contatto con l’albero vero!”

Questo modo di pensare indica che in quella persona c’è una separazione fortissima tra la natura e se stessa. Cioè vuol dire che questa persona si vede così tanto separata dalla natura da aver bisogno fisicamente di andare in un prato, in un bosco per sentirsi in comunione con la natura.

Io questa scissione non la sento, forse perché sono andata a 19 anni nella foresta e ora vivo in Svizzera, al limitare di un bosco. Ora sono in un un posto meraviglioso, immerso nella natura a fare il seminario ma anche quando mi trovo in un centro congressi di una città non sento la distinzione con la natura. Non vivo questa distinzione tra natura e cultura, come non sento la distinzione tra vita e meditazione: tutta la vita è meditazione. Non ho bisogno di mettermi lì a gambe incrociate per dire che sto meditando; qualsiasi attività è per me una meditazione.

Quindi veramente questa separazione tra natura e cultura è parte di un mito, di un mito moderno, che è deleterio perché non ci aiuta a ritrovarci.

Michelangelo: Non è mito tanto moderno; è profondamente radicato nella cultura occidentale. Deriva da Aristotele, se non da prima ancora, e si basa sull’idea che vi sono due elementi: uno che dà la forma e l’altro che costituisce la materia su cui questa forma viene impressa.

Selene: Idea che poi è culminata nel pensiero di Cartesio, che ha diviso la Res Cogitans dalla Rex Extensa.

Michelangelo: Secondo me, Cartesio non ha inventato niente; ha semplicemente elaborato un’idea della filosofia greca.

Selene: Sì. Tutte queste divisioni alla fine generano paura perché si basano sul senso della separazione. Quindi, dobbiamo ritrovare la capacità di superare questa discriminazione. Io credo che l’uomo del futuro, l’uomo dopo l’uomo, come lo chiamava Aurobindo, sia un uomo capace di ritrovare l’unione di natura e cultura.
A tale fine la prima operazione necessaria è riprendere il Dio che abbiamo collocato lassù in un cielo lontano e riportarlo nella natura, negli alberi, ovunque.  Se riportiamo Dio nella natura l’albero non è più un oggetto materiale; diventa qualcosa che non è più separabile da te, come il divino. Lo stesso vale per l’animale.

Le persone che sentono forte la separazione dalla natura dovrebbero chiedersi: “Come è avvenuto che ho perso la natura?  Perché ho questo bisogno, questa necessità di stare in natura? Com’è possibile se io sono natura?  E perché la natura mi fa paura? Quando è successo che ho separato la natura da me?”.

È un fenomeno culturale perché, come diceva Michelangelo, in tante altre culture questa separazione non esiste, non è mai esistita. Si tratta di una separazione che però può avvenire ed è raccontata nel mito, per esempio in quello di Pachamama e Pachacamac.

Pachamama e Pachacamac, vivevano insieme; avevano due gemelli e vivevano in una natura che era spirito, era spirituale e li sosteneva. Erano fortemente in armonia con ogni cosa e ogni cosa li aiutava. Poi uno stregone cattivo, un certo Wakon, ha fatto sparire Pachacamac con una magia e da quel momento è venuto buio sulla Terra e Pachamama e i gemelli si sono sentiti separati dalla natura nonostante fossero essi stessi la natura.

Pachamama è la Grande Madre, la natura. Però Wakon ha fatto venire il buio, e Pachamama si è sentita separata da sé stessa e la natura è diventata oscura. Tutto ha incominciato a costituire per lei e per i suoi gemelli un grave pericolo: animali, precipizi, temporali e terremoti. Tutto ha cominciato a diventare un pericolo e loro hanno iniziato a vivere una vita in cui dovevano proteggersi. Finché una notte hanno visto una luce in una grotta, si sono avvicinati e hanno trovato Wakon, lo stregone, che stava cucinando. Wakon, che da sempre voleva possedere Pachamama, quando vede i gemelli li manda a prendere altra acqua dicendo che avrebbe cucinato anche per loro. Appena i gemelli se ne vanno Wakon salta addosso a Pachamama nel tentativo di possederla, ma Pachamama si ribella e Wakon la divora.

Questo è il mito.

L’essere umano ha fatto sparire Pachacamac, si è diviso dalla natura, perché vuole possederla e non potendo farlo la distrugge.

Poi il mito prosegue narrando che i gemelli sono tornati, hanno visto la scena orribile e sono scappati, mentre Wakon li inseguiva. Ma proprio in quel momento Pachacamac, inspiegabilmente, ha mandato la prima alba sulla Terra e da quel momento gli animali, le piante e tutta la natura hanno ricominciato ad essere alleati di Pachamama.  Addirittura, si narra che una volpe ha nutrito i due gemelli col suo stesso sangue e poi ha teso una trappola a Wakon, facendolo cadere in un burrone e provocandone la morte. Subito dopo la morte di Wakon è comparso in cielo un grande arcobaleno grazie al quale Pachamama, Pachacamac e i gemelli hanno potuto riunirsi.
Dobbiamo puntare a questo arcobaleno, dobbiamo puntare a ritrovare l’unione con lo spirito!

Michelangelo: Il mito andino che hai raccontato mi ricorda molte delle storie raccontate da vari antropologi sulle popolazioni amazzoniche. Alcune popolazioni hanno paura della natura perché c’è la possibilità che il corpo o l’anima delle persone si tramuti in un’anima che non è pienamente umana, che appartiene a un’altra specie, che può essere un animale, o una pianta. Per questo c’è tutta una serie di tabù.

Per esempio, in queste popolazioni quando una madre è incinta il padre partecipa alla gravidanza in maniera fisica quanto la madre. Entrambi i genitori non possono mangiare tutta una serie di prodotti animali perché c’è il rischio che il bambino nasca come animale.

Questa visione è una paura della natura che nasce, secondo me, da una posizione completamente opposta alla nostra. cioè dalla consapevolezza della fluidità costante della natura, talmente forte che le barriere tra l’uomo e la natura sono molto labili e quindi l’uomo deve stare attento a non  mutarsi in qualcos’altro. Ieri parlavamo dei tabù sessuali; i tabù su cosa mangiare sono un altro modo in cui l’uomo cerca di stabilire la propria individualità.

Selene: Bello questo momento; stupenda questa comunione tra il padre e la madre che portano avanti la gravidanza; non solo una comunione forte con la natura ma anche una commistione di maschile e femminile.

Michelangelo: Che mi fa venire in mente che oggigiorno l’idea di natura, nella nostra civiltà viene tanto usata, e direi anche abusata, per un senso di controllo.
L’idea che la natura abbia delle regole, dei ritmi fissi che noi uomini dovremmo rispettare. Siamo noi che introduciamo nella nostra idea di natura queste regole, questi dualismi, questi pattern così  rigidi. È il riflesso della nostra forma mentis proiettato all’interno della natura.

Selene: Verissimo! Quella natura dove il maschile e il femminile e tutte le altre coppie di opposti sono separati rigidamente è una mappa mentale della natura, non è la vera natura e non è la vera materia. Ugualmente quella natura in cui c’è il giorno e la notte è una natura sociale, una mappa mentale di natura, dovuta al fatto che tutti gli individui devono essere resi misurabili, governabili, prevedibili, per cui tutti devono andare a lavorare alla mattina e devono andare a letto alla sera.

Ma scusate, ma in natura esiste questa distinzione? Quello che per noi è buio per il gufo, per la civetta è luce e noi siamo anche gufo e civetta. Il problema è che ci proibiamo di esserlo a causa di un codice sociale.

Michelangelo Questa natura illusoria, questa mappa mentale, come dici tu, della natura, è stata utilizzata come giustificazione per tantissime cose che riteniamo normali nella nostra società.

Pensiamo all’Illuminismo, per esempio, a Hobbes e alla sua idea dell’uomo naturale, l’uomo che necessariamente è violento, che necessariamente vuole uccidere il suo vicino per avere il sopravvento. Si tratta di un’idea che lui prende dalla natura, perché lui guarda la natura e vede soltanto questa violenza, questa competizione.

Ebbene, queste idee poi sono state utilizzate da persone come Adam Smith per giustificare il fatto che l’uomo agisce sempre per avere il massimo profitto, per cui nella nostra concezione dell’economia qualsiasi altro modello viene ritenuto assurdo.
Fatto sta che in antropologia non si è ancora trovato un popolo premoderno, in cui le persone agiscano solamente per il proprio interesse. Le società animiste sono normalmente basate su un’economia di reciprocità, simile a quella che si ritrova all’interno di una famiglia. Le risorse sono prodotte da chi può e vanno a chi ne ha bisogno, perché manca questo senso di individualità così forte. Invece noi, partendo dal presupposto che questo senso di individualità sia insito nella natura, creiamo  un’immagine della natura basata sulla violenza. E la utilizziamo per giustificare modelli economici violenti da cui poi non abbiamo scampo.

Selene: È verissimo. Ma perché è così difficile per alcune persone comprendere queste cose?

Alcune persone che vogliono fare il forest bathing, che vogliono praticare in natura ti attaccano se dici di voler fare un’esperienza con la realtà virtuale, con il metaverso per capire come cambierà la nostra percezione delle cose.

Te ne dicono di tutti i colori perché quello che invece per loro è il bene, è il bosco, è la natura. Ma la natura a cui fanno riferimento è la loro mappa mentale che è stata inculcata attraverso secoli di condizionamento nell’individuo. Quindi queste persone dovrebbero ricercare una via verso la libertà.
La vera natura, come il vero corpo, è pura possibilità, è spirito. Gli organi sono pure possibilità, non oggetti materiali. Il cuore è la pura possibilità di amare, il cervello di pensare, i reni di purificare, il fegato di perdonare, l’intestino di provare emozioni. I polmoni sono la pura possibilità di essere in relazione. Il pancreas è la porta tra i mondi. Gli organi sono pure possibilità. E così è la natura, una pura possibilità.

Il fatto di vederla come oggetto materiale è funzionale al capitalismo, all’economia dello sfruttamento e del possesso, perché è chiaro che, nel momento in cui noi non vediamo più la natura come oggetto materiale, il senso della proprietà privata e del possesso va a farsi benedire.

James Hillman, il mio grande maestro occidentale in onore del quale ho pubblicato il libro “James Hillman Il cammino del fare anima e dell’ecologia profonda“ mi ha lasciato i diritti su un suo brano intitolato Corpo spirituale Terra celeste, che ho inserito nel libro.

In questo brano, il cui titolo è mutuato da Henry Corbin, Hillman spiega come l’origine di tutti i conflitti mondiali sia, in fondo, nella Striscia di Gaza, in Palestina e come questa guerra eterna abbia origine dal concetto di natura come oggetto materiale, perché chi anela alla terra promessa ha confuso questa “terra”, che era una immagine, un atto d’amore, una pura possibilità con un territorio oggettivo, che è soltanto un’immagine mentale.

Abbiamo costruito una società violenta, perennemente scossa dalla guerra sulla base di un inganno, perché abbiamo confuso la vera terra promessa, che è immagine, è amore con la terra materiale che si vuole possedere. Il capitalismo, l’economia dello sfruttamento e del consumo si fonda su questo missunderstanding, su questo malinteso. E pur di mantenere in atto questo malinteso continuiamo a fare la guerra.

Oggi noi finiamo il meraviglioso seminario all’isola d’Elba e andiamo a Vienna, dove faremo un seminario sul mito e anche un piccolo esperimento di realtà virtuale per studiare e sperimentare in prima persona come cambierà nei prossimi anni la nostra percezione. I nostri sensi cambieranno fortemente a causa dell’introduzione della realtà aumentata, la realtà virtuale.

Come evolverà la nostra percezione della natura?

Probabilmente che chi non è già libero aumenterà il suo grado di dipendenza dalla mappa mentale della realtà, per cui, secondo me, ci troviamo in un momento di svolta in cui è assolutamente necessario liberarsi.

E come fai a liberarti se non attraverso la conoscenza? È l’unico vero strumento di libertà che possediamo: conoscere, vedere, andare al di là del tabù. La vera conoscenza non è teoria, è esperienza!

E poi continueremo sempre tutti insieme il cammino della ricerca: il cammino è la meta! Sono felice perché la mia famiglia, tutti voi, verrete con noi anche se non sempre fisicamente. È bellissimo essere una famiglia spirituale che evolve insieme, perché le abilità di uno diventano anche quelle dell’altro.  Attraverso quel fenomeno straordinario che è la trasferenza del principio cosciente possiamo trasferirci tutte le nostre abilità, le nostre esperienze e accelerare il cammino evolutivo. L’importante è non avere tabù.

Michelangelo hai un altro mito da raccontarci?

Michelangelo: No. Pensavo ancora all’osservazione che hai fatto sulla Terra Santa. Di nuovo si presenta l’idea del maschile che conquista e del femminile che deve essere conquistato.

Mi viene in mente il film Doctor Strange con l’immagine del fallo che cade sulla terra. Io penso che sia uno dei modi più persistenti di questa rappresentazione della cultura come elemento maschile e della natura come elemento femminile, dello Stato, della nazione come elemento maschile e del territorio come elemento femminile; rappresentazione presente anche nel mito che raccontavo ieri a proposito delle Hawaii. Questa idea dell’uomo, del re che ruba la terra, che è l’elemento fertile, produttivo al dio come base della legittimità del potere dello Stato.
Forse è qualcosa di talmente ancorato alla nostra natura umana che non lo supereremo mai completamente.

Selene: Sono d’accordo con te. Non lo supereremo mai completamente. Sarà sempre lì. Però una cosa è che il tabù sia lì e un’altra che ci influenzi fortemente. Sono due cose diverse.
Quando il tabù esiste ma tu sei consapevole della sua esistenza non ti influenza più: se invece non lo riconosci come tale ne sei continuamente influenzato. Quindi torno a dire quello che dicevo prima: ciò che ci libera  è la conoscenza, la consapevolezza che deriva dall’esperienza.

Vi abbracciamo!

paola.bertoldi@gmail.com

paola.bertoldi@gmail.com